Posso credere ancora nell’anima gemella?

 

Questa è la carta che indica la seconda possibilità, l’occasione che si ripresenta, l’opportunità di portare a termine qualcosa rimasto incompiuto. Per noi è l’invito a ricominciare, a partire alla riscossa, accettando e assecondando il cambiamento. In quale direzione?

““Sono stata lasciata senza un perché. Lo odio, mi manca, spero che torni, so che non lo farà. Le amiche fanno le amiche e dicono che uno come lui non mi merita, che loro lo hanno sempre detestato, ma tacevano per non ferirmi. Mi sento confusa, sfiduciata, inerme.“”

E’ già stato scritto venticinque secoli fa: è il Simposio di Platone. Potremmo occupare utilmente questi numeri estivi della rubrica per accennare alle sue parti più importanti. Il dialogo del più poetico filosofo della umanità è ambientato ad Atene nel 416 A.C., anche se fu scritto qualche decennio dopo. Prendendo forse spunto da un evento realmente accaduto, Platone immagina che durante una festa in onore di un poeta tragico di cui si è persa la memoria, Agatone, i convitati decidano di sfidarsi in una serie di discorsi a tema sull’amore. Salterò qui i primi tre interventi per andare subito al monologo che Platone affida al commediografo Aristofane.

PLATONE DETESTAVA ARISTOFANE MA NE ESALTA IL MITO CON CUI SOSTENEVA CHE IN ORIGINE I SESSI NON ERANO DUE, MA TRE. MASCHILE, FEMMINILE, ANDROGINO (MASCHIO E FEMMINA INSIEME)

Platone detestava Aristofane perché lo riteneva corresponsabile della condanna a morte di Socrate, eppure nel Simposio gli consegna un mito talmente bello e profondo che a venticinque secoli di distanza conserva ancora una sconvolgente vitalità. In origine, sostiene Aristofane, i sessi non erano due, ma tre. Maschile, femminile, androgino (maschio e femmina insieme). Maschi, femmine e androgini dovevano essere uno spasso: avevano tutto doppio - quattro gambe, quattro mani, due facce - e quando volevano prendere velocità si mettevano a rotolare come delle palle. Ma la velocità può dare alla testa e, a furia di rotolare, gli uomini divennero talmente pieni di sé che decisero di assaltare il cielo per cacciarvi gli Dei. Zeus riunì d’urgenza il comitato centrale dell’Olimpo. Qualche divinità estremista propose di risolvere il problema alla radice, sterminando gli esseri umani. Ma Zeus ci si era affezionato (soprattutto alle femmine) e decise di limitarsi a tagliarli in due.

GIOVE DECISE DI RENDERE GLI UMANI PIU’ DEBOLI E INFELICI, TAGLIANDOLI A META’

Così, anziché distruggerli, li raddoppiò di numero, rendendoli al contempo più deboli e infelici. Infatti, ogni uomo tagliato in due (e ricucito da Apollo al livello dell’ombelico) si mise subito in cerca della metà perduta e da allora non ha più smesso di farlo. Sarebbe dunque questo l’amore: il desiderio di ritornare Uno. Un desiderio struggente perché si accompagna alla nostalgia di una completezza smarrita. Che favola splendida, vero? E le favole splendide, accanto al significato letterale, ne hanno uno simbolico: un messaggio in codice non decrittabile dalla coscienza, ma solo dall’inconscio. La verità suprema è indicibile e il primo ad affermarlo, in Occidente, è stato Platone. Proprio qui, nel Simposio, parlando d’amore senza moralismi. A nessuno sfuggirà che il mito mette poeticamente sullo stesso piano gay, lesbiche ed etero: maschi, femmine e androgini in cerca dell’altra metà di sé stessi. Soltanto gli androgini, ricongiungendosi con la metà di sesso opposto, procreano figli. Ma nessuno ama “contro natura” e, come vedremo nelle prossime settimane, tutti possono partecipare dell’energia unificante dell’amore per procreare delle opere.

RIMANE IRRISOLTA LA QUESTIONE DECISIVA: QUANTI DI NOI RIESCONO A INCONTRARE DAVVERO LA PROPRIA METÀ SEPARATA O COMUNQUE A TROVARNE UNA COMPATIBILE CON CUI INCASTRARSI?

Non trovi che, duemilacinquecento anni fa, Platone fosse già decisamente più avanti del dibattito pubblico attuale? Rimane irrisolta la questione decisiva: quanti di noi riescono a incontrare davvero la propria metà separata o comunque a trovarne una compatibile con cui incastrarsi? Pochi, pochissimi. E anche quei pochi sono soddisfatti, oppure l’Uno verso cui tende l’amore umano è solamente un’utopia? Intravedo il sorriso di Platone: la domanda è mal posta. Tu ragioni come se l’Uno, l’intero, fosse la somma di due parti. E se invece fosse qualcosa di diverso, di ulteriore? Se 1/2 più 1/2 non facesse 1, ma 3?   Per dipanare questa matassa da cui dipende la nostra felicità non basta nemmeno Aristofane. Bisognerà aspettare che al Simposio prendano la parola Socrate e la sua ospite d’onore, Mantinea.