“Il sexting è un’abitudine già a 11 anni”.

 

Sempre più minori vittime del Revenge porn

 

Accade tutto già dalla prima media, quando a poco più di dieci anni approdano su Omegle, una chat online dove gli utenti possono comunicare senza dover registrare nessun account. E in questi scambi virtuali la sessualità si scopre troppo presto, diventa merce di scambio. “Era una delle prime volte che affrontavo il tema della sessualità online nelle scuole, ricordo un ragazzino di undici anni che si è alzato in piedi, mani in tasca, e mi ha detto: ‘Ieri un signore si è masturbato in direct davanti a me, che male c’è?’”. A raccontarlo è Giorgia Butera, sociologa e presidente di Mete onlus che, tra le varie attività a sostegno della tutela dei minori, ha istituto un osservatorio nazionale a sostegno delle vittime di sexting e revenge porn.

La sessualità degli adolescenti è online

Dopo la solitudine della pandemia, sempre più adolescenti hanno cercato, e trovato, sul web la possibilità di scambiare immagini. Solo in un primo momento, questo rifugiarsi su alcune chat e siti ha colmato positivamente la distanza, ma col passare del tempo è diventato una rete in cui sono rimasti impigliati. Dall’altra parte spesso c’erano adulti, ricatti, estorsioni o revenge porn. "Siamo attivi nelle scuole ormai da tre anni e mezzo – continua Butera – e ogni volta che abbiamo affrontato il tema della sovraesposizione delle immagini cambiava l’atmosfera all’interno delle classi. Calava il silenzio, gli sguardi si facevano bassi, si toccavano i capelli con imbarazzo. Piano piano abbiamo scoperto un mondo di cui tutti facevano parte, da vittime ma anche da carnefici”. Per rendersi conto della portata del fenomeno, Butera ha provato a collegarsi su questa chat chiamata Omegle: “Alle cinque del pomeriggio erano online già 17mila persone. Si è sviluppato un mondo parallelo di cui noi non ci rendiamo conto”. Un fenomeno che, negli ultimi anni è in rapida crescita e che, secondo Butera, rischia di sommergerci in quelli a venire.

Dalla parte delle vittime

Non tutti i ragazzi che scambiano immagini di nudo sono coscienti, in prima battuta, del rischio a cui si espongono. E neanche chi le fa circolare o le mette in vendita. “Siamo alla totale banalizzazione della sessualità. I ragazzi più piccoli sono totalmente inconsapevoli” continua Butera. Il fenomeno, spesso, sfugge alle famiglie, sia delle vittime che dei carnefici. Per far arrivare il più possibile la denuncia dell’aumento del revenge porn a genitori e adulti, Federfarma e Mete onlus hanno attivato una campagna di ascolto e sensibilizzazione all’interno delle farmacie. Il progetto è già attivo in Sicilia, ma da settembre l’iniziativa sarà estesa a tutte le 19mila farmacie italiane. “Qui parliamo anche con le donne adulte, le vittime di vendette degli ex. Mi ricordo di una di loro che in lacrime mi ha raccontato di aver scoperto di alcuni video che circolavano in rete quando in ufficio tutti parlavano di lei a bassa voce appena passava nei corridoi” racconta Butera. "Le persone accolte in farmacia - dice ancora Tobia - vengono assistite dall'Associazione Mete, dalla polizia postale e dagli psicologi per aiutarle a uscire dall'incubo della persecuzione, del ricatto sessuale, dell'umiliazione e dello screditamento della persona in rete".

"Tutto nasce - spiega Roberto Tobia, segretario nazionale e presidente provinciale di Federfarma - da una cultura abbrutita, frutto dell'era della massima condivisione sui social, che inculca nei giovani, e non solo, la convinzione che sia giusto svalutare il proprio corpo e la propria personalità, sacrificandoli alla moda di condividere, di esserci, come pegno da pagare per fare parte del branco. Branco che poi diventa aguzzino". A chiedere aiuto in una farmacia di Palermo è stato un padre, che aveva appena scoperto che alcune foto intime della figlia tredicenne giravano in numerose chat di Telegram. “Era disperato. Lo abbiamo aiutato attraverso psicologi e avvocati, ma anche allertando la polizia postale” conclude Butera.

Giulia Torlone