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L’ALLEVAMENTO INDUSTRIALE
DELLA CAPRA
(Capra
hircus)
Cap.
1 - Introduzione
L’animale
di cui sto iniziando la trattazione per l’allevamento e per vederne la
convenienza allo scopo è la capra che nel nostro Paese non ha trovato
grande sbocco. L’allevamento della capra è ai primi albori e le provano
tutte; i tentativi non sono riusciti nell’allevare tale specie. Nei paesi
esteri quali l’Inghilterra dove esiste il “Goat
British society” che ha elaborato un piano nazionale che consiste nel
procurare agli allevatori la monta a condizioni modestissime con caproni o
becchi provenienti da riproduttori d’indiscutibile provenienza lattifera.
Per l’utilizzo dei caproni occorre l’autorizzazione d’Ispettori della
società caprina inglese.
Gli
Stati Uniti d’America sono all’avanguardia nell’allevamento ed il loro
utilizzo è per la preparazione del latte per i neonati che non hanno
alimento a sufficienza. Una Nazione europea che dall’allevamento delle
capre trae notevoli vantaggi è la Svizzera dove tali animali sono stati
selezionati ottenendo degli ottimi soggetti da latte dei quali parleremo nel
Capitolo dedicato alle razze. In Italia la capra non ha trovato successo e
l’allevamento è ridotto a pochi esemplari soprattutto nel meridione
insieme alle greggi di pecore. Il latte prodotto dalle capre è un ottimo
prodotto come alimento completo ricco di proteine, grassi e vitamine in
composizione tale da essere simile a quello della donna per questo sarebbe
un ottimo surrogato nell’alimentazione del neonato.
Il
latte di capra se questa è allevata in maniera poco razionale, acquista
un sapore sgradevole ed il caratteristico odore del becco e delle capre.
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Cap.
2 - Razze
La
capra originaria del continente Africano e di quello Asiatico si è adattata
molto bene in Europa tanto che con la selezione si è ottenuta una capra del
tutto europea che ha dato origine a diverse razze secondo la selezione
seguita nei diversi paesi.
RAZZE
EUROPEE
D’origine
Svizzera abbiamo capre che prendono il nome d’ALPINE che comprendono un
gran numero di variazioni tanto da chiamare tali animali appartenenti ad una
razza popolazione alpina con diverse varietà presentanti corna o del tutto
acorno con mantello a pelo lungo o rasato nella varietà di colori molto
varia dal bianco al nero al rosso con tutte le variazioni cromatiche e
combinazioni. Di queste ricordiamo le varietà: Gruyére, Toggenburg,
Schwarzthal, Cou-blanc d’origine delle Alpi Svizzere e la Saanen
che ha preso nome dall’omonimo cantone dove è avvenuta la selezione. L’Orlianas
è una razza alpina della valle del Rodano francese, la Poitou dei
Pirenei francesi e la Murcia e la Mancha dei Pirenei spagnoli.
Le
razze più comuni attuali e che hanno avuto maggior successo sono quelle
appartenenti alla razza popolazione alpina quali la Vallese o capra del
Visper che ha una buona produzione di latte e riesce a produrre una
buona carne; il mantello è variabilissimo con pelle sottile, robusta,
untosa al tatto, ottima per la fabbricazione dei guanti e tomaie per
calzature. Non si adatta all’allevamento stallino e predilige pascoli
abbondanti di montagna.
Razza
Saanen o Gesseney capra alta 60 cm al garrese, mantello completamente
bianco con pelo lungo; razza acorne sia nel sesso maschile che nel
femminile. È un’ottima lattifera raggiungendo facilmente i 3-5 litri di
latte al giorno con medie annue di 800-1200 litri.
Razza
di Malaga come per l’alpina dalla quale deriva presenta una discreta
presenta una discreta produzione di latte con 600 litri annui e come
mediocre produttrice di carne.
Razza
delle Mesetas d’origine spagnola è molto apprezzata per la carne
anche se riesce a dare discrete produzioni di latte circa 500 grammi al
giorno.
Un’altra
razza spagnola è la Sezzana di Castiglia e di levante hanno scarse
produzioni di latte, ma ottima qualità della carne e della pelle; non si è
riusciti ad allevarla in stalla.
RAZZE
ASIATICHE
Comprendono
le razze d’Angora, Siriaca Damaschina e il Cascemir.
La
Capra d’angora originaria dell’Asia minore si distingue per il suo vello
lungo e finemente ondulato e per la carne eccellente; produce poco latte
spesso ne produce a stretta sufficienza per la progenitura.
La
Capra Siriaca si divide in due sottorazze la Damasco e la Samar
quest’ultima originaria della Samarra zona del Tigri, da non confondere
con la Samaria. Mentre la prima originaria dello stato di Damasco; si
distinguono per il vello nero e lucente e abbondante nella Samar mentre
grigio argenteo nella Damasco. Tali capre hanno una buona produzione di
carne tanto da avere una media di capretti per parto di 1.76 ed una discreta
produzione di latte ed è l’unica specie nella quale è possibile separare
il grasso dal latte per ottenere dell’ottimo burro, nelle atre ciò è
impossibile.
RAZZE
AFRICANE
In
questo continente abbiamo il numero maggiore di razze della specie partendo
da quelle più grandi a quelle nane. Da ricordare le seguenti:
Razza
Maltese buona lattifera molto nota in Sicilia dove ha ottenuto un ottimo
successo di allevamento. La statura varia dai 65 agli 80 cm al garrese
caratteristica è l’acornia mentre il manto è più vario dal bianco puro
al nero ebano, dal rosso roseo al rosso mogano, dal cannella al bianco
isabella, non mancano i mantelli tricolori ed i pezzati. E’ una buona
lattifera con 600 litri annui ed ha una discreta produzione di carne avente
frequenti parti gemellari.
Altre
capre importanti sono:
La
Jamnapari che ci offre un’ottima carne con resa al macello del 44 -
45% e 500 litri di latte per anno.
La
razza Maredi o Red Sokoto chiamata anche dagli inglesi West Africa Dwarf
Goat (capra nana dell’africa occidentale) con mantello rosso scuro, pelle
fine e ottima tanto da ottenere il Trade Mark (marchio di fabbrica) produce
poco latte circa 150 litri annui è buona produttrice di carne con 3-4 parti
ogni due anni con una buona percentuale di gemellarità.
Razza
Kambing Katjon razza nana come la precedente apprezzata soprattutto per
la carne, produce pochissimo latte ed ha un’ottima resa al macello 44-51%
poco prolifica.
Razza
Kamuri è anch’essa una razza nana ha una buona carne e pelle pregiata
con ottima produzione di latte che si aggira intorno ai 2-4 litri giorno.
Una
razza che viene allevata solo per la carne è Black-Bengala di origine
asiatica è un’ottima produttrice di carne con il 175% di prolificità di
cui il 22% di parti doppi, 54% di parti tripli e 3% di parti quadrupli è
anche un’ottima fornitrice di pelle pregiata, non produce latte e spesso
il poco che riesce a fornire non è sufficiente per il mantenimento della
prole.
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Cap. 3 - Prodotti della Capra
Fin dall’antichità la capra è stata considerata l’animale produttore per
eccellenza di latte, la vacca dei poveri. Infatti, vi è la leggenda della
capra di Amaltea che ha nutrito gli dei ed infatti, fatta eccezione per la
capra d’Angora specializzata per la produzione del MOHAIR e del CASCEMIR, la
capra è produttrice di latte come sostituzione di quello umano nella
alimentazione del neonato.
Per produrre 100 litri di latte una buona vacca di razza Bruno Alpina
richiede un consumo di foraggio pari a 76 unità foraggiere e 9.12
chilogrammi di proteina digeribile, ciò equivale a 191 chilogrammi di fieno
normale, mentre per produrre la stessa quantità di latte una buona capra
richiede un consumo di appena 59.18 unità foraggiere con 7.41 chilogrammi di
proteina digeribile cioè pari a 147 chilogrammi di fieno normale.
Se confrontiamo, invece, le produzioni di una vacca comune di chilogrammi
2800 con quelli di una capra comune di 560 chilogrammi si arriva a risultati
ancora più sorprendenti ed evidenti. Infatti, la produzione di 100
chilogrammi di latte richiede, dalla vacca un consumo d’unità, foraggiere
pari a 84.80 con 9.57 chilogrammi di proteina digeribile equivalente a 207
chilogrammi di fieno normale, mentre da parte della capra occorrono 70.8
unità foraggiere e 8.5 chilogrammi di proteina digeribile pari a 177
chilogrammi di fieno normale.
Si può concludere che la capra produce il quintale di latte con un risparmio
del 20% di unità alimentari.
Il prodotto principale di tali animali è il latte che viene utilizzato sia
allo stato naturale che nella fabbricazione di alcuni formaggi magri o
semigrassi; è importante anche la produzione della carne che in alcune zone
è apprezzata. La capra fornisce anche un’ottima pelle per la fabbricazione
di guanti e tomaie per scarpe, per ultimo e non meno importante da taluni
inteso come sottoprodotto la capra ci fornisce un ottimo letame.
IL LATTE
La composizione chimica di tale liquido è la seguente:
Acqua .............. 83.24 ÷ 89.75%
Materia secca ...... 10.25 ÷ 16.76%
Grasso ............. 3.10 ÷ 4.70%
Caseina ............ 2.40 ÷ 3.76%
Albumina ........... 0.75 ÷ 2.00%
Lattosio ........... 3.40 ÷ 5.20%
Ceneri ............. 0.60 ÷ 1.10%
Come possiamo notare il latte il latte di capra si mostra più ricco di
grasso e di protidi rispetto a quello di vacca e a parità di condizioni
ambientali il latte di capra risulta più ricco in vitamine specie quelle del
gruppo B e C e si presenta un miglior utilizzo dei caroteni che nel latte si
trovano già come vitamina A.
Confrontando il latte di capra con quello di vacca possiamo notare le
percentuali riportate nella tabella seguente :
Specie |
Grasso |
Protidi |
Lattosio |
S. Secca |
|
% |
% |
% |
% |
caprina |
4,10 |
3,70 |
4,20 |
12,90 |
bovina |
3,50 |
3,60 |
4,90 |
12,70 |
Il latte di capra potrebbe avere la presenza, come avviene per il latte di
pecora della Brucella melitensis agente della febbre maltese scoperto
a Malta nel 1905 che però viene distrutta nella pastorizzazione. Il latte di
capra pur essendo molto ricco in grasso e potendo ottenere dell’ottimo burro
non è facilmente separabile da tale composto per la suddivisione così fine
che i glomeruli di lipidi hanno nel latte perciò non possiamo mai fare del
formaggio completamente magro.
L’alimentazione influisce nella produzione di latte e nel sapore, infatti,
alimentando le capre con crucifere o con liliaceae (cipolle, porri e agli)
queste trasferiscono il loro caratteristico odore e sapore al liquido.
Dobbiamo tenere pulite le bestiole e lontane dal maschio per evitare che
acquistino e trasferiscano poi al latte il loro caratteristico odore ircino
dovuto al glicole ircina contenuto nel loro sudore.
La lattazione
L’attività della ghiandola mammaria ha inizio poco prima del parto ad opera
della prolattina, ormone specifico della lattogenesi secreto dall’ipofisi, e
continua per un periodo di tempo, chiamato lattazione più o meno lungo a
seconda della specie, della razza e dell’attitudine produttiva. Nelle capre
la lattazione va a seconda della razza da un minimo di 3 mesi ad un massimo
di 10 mesi ed anche più (si citano capre che hanno continuato a dare
ininterrottamente latte per 2 anni ) di solito viene considerata una buona
lattazione quella che va dagli 8 ai 10 mesi. La lunghezza della lattazione
oltre che da fattori genetici (razza, attitudine individuale, ecc.) è
influenzata dalle condizioni alimentari e di salute dell’animale, dall’età e
dalla ginnastica funzionale oltre che dalla regolarità con cui sono eseguite
le mungiture.
La mungitura
La mungitura ha inizio qualche giorno dopo il parto e continua per 4-5 mesi
ed anche più. Si compie al mattino ed alla sera ed ha grande importanza,
poiché, rappresentando la ginnastica funzionale della mammella influenza la
produzione di latte e la durata della lattazione e di conseguenza la
quantità di latte in quanto un imperfetto svuotamento della mammella riduce
il tenore di grasso e può provocare fermentazioni all’interno della cisterna
del latte con conseguente infiammazione dell’organo (mastite).
La mungitura dovrebbe essere fatta all’aperto o in corretti locali in
maniera tale da evitare che il latte non assuma il caratteristico odore
ircino che la capra emana e rimanga integro.
Poiché la mungitura avvenga in maniera agevole si dispongono gli animali ad
una certa altezza su un tavolato con una rastrelliera con alimenti molto
appetibili dalla capra in modo tale che alle capre vengano somministrati i
concentrati di cui abbisognano e che quindi si lascino mungere
tranquillamente. La mungitura deve essere preceduta dal lavaggio della
mammella e asciugatura con un panno caldo e subito dopo si strizzano i
capezzoli facendo uscire i primi getti di latte che sono raccolti in
recipienti corretti per scoprire eventuali alterazioni del latte indice
d’infiammazione della mammella e per eliminare le prime gocce di latte che
possono essere contaminate da corpi estranei e da germi. La mungitura può
essere eseguita sia manualmente che meccanicamente, nel primo caso si può
adottare il metodo americano o mungitura di lato come per i bovini (è il
migliore perché si evita la caduta di sporco nel recipiente del latte) che
dal dietro metodo europeo.
La mungitura manuale si esegue prendendo il capezzolo in mano con il pollice
adagiato alla base di attacco e premendo una per volta le altre dita in modo
da far fuoriuscire il latte per la pressione oppure un altro metodo che non
dovrebbe mai essere usato è quello a pinza, si prende il capezzolo tra il
pollice e l’indice stringendo e tirandolo lo sfiancamento che si provoca fa
si da far fuoriuscire il latte.
La mungitura meccanica deve essere molto particolare, infatti, ha due
portacapezzoli di dimensioni più piccole di quelle per bovini e siccome i
capezzoli delle capre sono più delicati hanno anche una pompa del vuoto
regolata in maniera da dare 0.1-0.12 atm. contro le 0.5 atm. del bovino. In
media un capo è munto in 1’ e 30” prima dell’applicazione dell’apparecchio
la capra deve essere lavata con spugna bagnata in acqua a 50° anzi meglio se
imbevuta in una soluzione disinfettante.
Igiene del latte
Gli utensili per la mungitura per tutte le manipolazioni a cui il latte è
sottoposto vanno tenuti in perfetta pulizia e dovrebbero essere in alluminio
o in metalli non ossidabili .
Il latte appena munto, dovrebbe essere filtrato e conservato in luogo
fresco, meglio se refrigerato. Dopo la filtratura, il latte va tenuto ad una
temperatura di circa 4° in appositi apparecchi refrigeranti o più
semplicemente immersi in recipienti immessi in acqua fresca. La
pastorizzazione, infine, è consigliabile ed in alcuni paesi è obbligatoria
imposta da leggi specifiche al fine di distruggere i germi patogeni
eventualmente presenti nel latte.
Il formaggio
Dalla coagulazione delle proteine del latte otteniamo il formaggio che dopo
salatura e stagionatura è pronto per il consumo.
Per ottenere la cagliata si deve procedere nel seguente modo: al latte
appena munto vengono aggiunti due cucchiai di presame (che si trova in
commercio comunemente) per ogni 10 litri di latte quindi si lascia coagulare
il latte la qual cosa avviene nell’arco delle due ore ad una temperatura di
30-32° centigradi. Posta la cagliata nelle forma metalliche si lascia
scolare e depurare dal siero, quindi, si inizia a salare le forme o
ponendole in salamoia o procedendo a disporre sulla superficie del sale da
cucina (cloruro di sodio). Per facilitare lo spurgo, il formaggio si pone in
ambienti ben aerati e a temperatura elevata intorno ai 18 - 20° centigradi.
La carne e la pelle
Questa è poco apprezzata e si presenta dura e tigliosa con emanazioni di
odori particolari e forti se questa proviene da animali allevati all’aperto
e di lunga carriera, mentre i giovani e i capi allevati in stalla presentano
la carne con un valore nutritivo ed alimentare ed in alcune specie di capre
di origine africana la carne la carne di capretto viene più ricercata
rispetto alla sua cugina pecora. L’allevamento del capretto in questo caso
viene fatto in maniera del tutto particolare. Lo svezzamento fatto molto
precoce e l’alimento latte viene subito sostituito dall’alimento solido
proveniente dal fieno che procura delle carni più solide e saporite
impoverite del grasso il quale è sempre apportatore di cattivo odore.
La pelle che da questi animali si ricava è molto apprezzata dall’industria
delle calzature e per articoli diversi in pelle quali guanti. Da essa si
ottiene un cuoio leggero, ma nel contempo molto resistente. Un tempo, la
pelle di capra veniva utilizzata nella fabbricazione degli otri.
Il letame
Questo è un prodotto che per l’agricoltura assurge a Re dei concimi. Quello
di capra è di gran lunga superiore rispetto a quello bovino; superiore è
solo quello equino. Il prodotto che possiamo ottenere mescolando le
deiezioni liquide e solide con delle paglie, è un humus con una quantità di
sostanze utili non indifferenti prontamente assorbibili dalla pianta che da
essi trae vantaggio enorme. Nel contempo l’utilizzazione massima che si
ottiene dagli alimenti fa si che il letame non presenta caratteristiche
negative per la presenza di semi di piante infestanti che vengono
completamente devitalizzati nell’intestino della capra. |
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Cap. 4 - Principi fondamentali
dell’allevamento
Le regole principali per un proficuo allevamento di capre, tenute in regime
stallino, sono le seguenti:
1. Trattamento benigno che porta anche ad una maggiore produzione di latte
che si fa sentire notevolmente.
2. Favorire il soggiorno nelle stalle in modo confortevole e il più
possibile all’aria aperta.
3. Alimentazione semplice e varia, ma nel contempo sana.
4. Pulizia e igiene costanti.
L’indole timida e fiera delle capre richiede un certo riguardo nel
trattamento; molta dolcezza, se si tenta di forzarla con metodi bruschi
l’otteniamo caparbia. La capra è un animale socievole e si avvale molto
della compagnia perciò se si devono fare dei box per allevamento questi non
devono essere singoli in maniera tale che dalla compagna la capra trae
vantaggio.
Per i capretti specie se in allevamento tale discorso va spinto al massimo,
essi devono muoversi nella massima libertà affinché acquistino le forme
migliori per avere, quindi, un ottimo soggetto per l’allevamento.
L’igiene della stalla deve essere massima e bisogna allontanare giornalmente
tutte le deiezioni liquide e solide perché da esse la capra acquisterà il
suo caratteristico odore ircino.
Il ricovero deve essere posto a sud o sud - ovest in maniera da evitare
anche l’umidità e i freddi che sono i nemici principali della capra che è un
animale freddoloso data anche la sua origine afro-asiatica. La capra
andrebbe pulita di tanto in tanto con delle spazzolature e delle
strigliature ed ogni tanto andrebbe accuratamente lavata. |
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Cap. 5 - Il ricovero
L’allevamento della capra può essere eseguito in forma brada o semi-brada o
addirittura in forma stallina con stabulazione fissa o libera. La forma
brada è quella che, nel nostro ambiente, si adatta meno alle esigenze
dell’animale, perché esso soffrendo il freddo e l’umidità non ne trae
vantaggio. L’allevamento più conveniente è quello stallino nella forma
libera in box multipli in parte coperti ed in parte aperti in un recinto
esterno (paddock) dove gli animali possono andare a prendere il sole
elemento utile per la trasformazione della provitamina D in vitamina
regolatrice del calcio.
Per ottenere un buon reddito la maggior cura la dobbiamo mettere nel
ricovero che è la parte più importante per la buona riuscita
dell’allevamento.
La capraia deve essere costruita per essere razionale, quindi, per abbassare
i costi di conduzione in forma molto economica e facilmente accessibile e
percorribile sia dai mezzi meccanici che dagli animali che si recano in sala
mungitura. Nella stalla devono essere presenti alcuni box dove saranno poste
le capre nelle diverse fasi ed età.
Nel primo box che è dimensionato in modo da poter ospitare convenientemente
e liberamente i capretti; dobbiamo tener conto, nel dimensionamento, dello
spazio minimo vitale se gli animali sono tenuti per il macello, se invece
sono tenuti per la rimonta lo spazio destinato ad essi sarà maggiore. Per
gli animali allevati per il macello, lo spazio necessario sarà 0.30 ÷ 0.40
metri quadrati, mentre se per la rimonta lo spazio sarà di 0.50 ÷ 0.70 metri
quadrati in maniera da offrire uno spazio maggiore per la ginnastica
funzionale molto importante in quest’età per la formazione dello scheletro.
Abbiamo poi i box delle capre in asciutta e primipare che sono in attesa
della fecondazione e queste hanno a disposizione una superficie maggiore
1.00 ÷ 1.20 metri quadrati. Lo stesso dimensionamento hanno le capre in
produzione, mentre alle gravide offriamo una superficie notevolmente
maggiore onde evitare che queste battendo contro gli eventuali ostacoli non
abbiano ad abortire, causa molto frequente in questi animali, la superficie
messa a loro disposizione sarà quindi 1.50 ÷ 2.00 metri quadrati. A parte si
terrà il box dei becchi che avranno a disposizione una superficie di metri
quadrati 2.50 ÷ 3.50.
Se adottiamo la posta fissa essa sarà dimensionata nel modo seguente:
lunghezza centimetri 65 più 35 centimetri per la mangiatoia per un totale di
100 centimetri ed una larghezza di 60 centimetri. La corsia di servizio e di
alimentazione sono di metri 1.20 di larghezza.
Annessi alla stalla ci devono essere dei locali quali la sala di mungitura
che può essere facilmente meccanizzata con un sistema a giostra, ma è
possibile anche a spina di pesce; un locale per il deposito,
immagazzinamento e refrigerazione del latte; un magazzino e preparazione
degli alimenti ed infine il fienile. |
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Cap. 6 - Tecnica d’allevamento
Per la riuscita occorre partire da buoni soggetti e da razze pure per questo
dobbiamo procedere alla scelta dei capi. La parte più importante spetta alla
scelta del maschio il quale se è un buon razzatore e buon soggetto può
facilmente migliorare un allevamento visto che può coprire in una stagione
di monta dalle 80 alle 120 capre.
Come abbiamo visto in precedenza non abbiamo una razza di capre ben definita
perciò dobbiamo intervenire nell’ambito della razza popolazione che abbiamo
scelto. Con la selezione dobbiamo fissare i caratteri che più c’interessano
ed anche la produzione latte che è fissata a caratteri genetici
quantitativi, cioè la produzione latte non è legata ad un solo gene che
segue le leggi mendeliane .
Scelta del riproduttore
Se nella scelta delle femmine qualche volta possiamo transigere per il
maschio, non possiamo permettercelo. Il becco generalmente deve essere di
razza pura ed avere un’ottima genealogia che offre una certa garanzia di
trasmettere alla prole le caratteristiche desiderate .
Nella scelta guardiamo oltre alle qualità predette anche a tutte le
caratteristiche morfologiche e di temperamento proprie della razza e della
mascolinità. deve essere di sviluppo corporeo notevole o almeno medio della
razza con caratteri sessuali primari e secondari ben evidenti e alto istinto
genesiaco. La mascolinità deve essere ben evidente nella conformazione del
collo e della testa e del buono sviluppo corporeo e scheletrico. La regione
lombare deve essere larga diritta e muscolosa; la groppa lunga e larga; il
torace ampio e profondo con costato bell’arcuato con petto profondo ampio e
muscoloso, arti robusti con giusto appiombo e con addome di giuste
proporzioni e retratto; le spalle debbono essere ampie e muscolose come pure
le regioni del braccio, avambraccio, delle natiche e delle gambe.
I garretti devono essere solidi perché devono sopportare il peso dell’intero
corpo durante il salto; gli unghioni devono essere durissimi.
Come tutti i riproduttori, gli organi genitali hanno grande importanza e
bisogna prestare attenzione se i testicoli sono scesi nella borsa scrotale
se la verga è integra e se il prepuzio presenta delle anomalie che
potrebbero ostacolare l’accoppiamento.
E’ sempre consigliabile ricorrere ad una visita medica se si ha motivo di
sospettare la presenza di malattie infettive o parassitarie. Per la
valutazione di un becco si adotta lo stesso metodo della valutazione
lattifera di un toro.Diagrammi di valutazione dell’attitudine lattifera potenziale di becchi in
base all’esame di produzione della discendenza (progeny test).
Nel diagramma “A” vediamo un becco con influenza lattifera positiva cioè le
figlie producono più delle madri, nel quadro “B” non si discosta dalla media
per cui è un becco indifferente, nel diagramma “C” è un becco da scartare in
quanto le figlie si trovano al di sotto delle madri.
In Svizzera per la scelta di un riproduttore ci si basa su una tabella punti
qui di seguito riportata:
REGIONI PUNTI
Testa e collo 10
Torace 18
Dorso, lombi e ventre 10
Groppa 14
Arti e andatura 12
Pelle e pelo 3
Mantello 3
Segni sull’attitudine lattifera 12
Precocità e peso 8
Razza e armonia di forme 10
TOTALE 100
Il Giuliana propone di adottare la stessa scheda per la scelta delle capre
sostituendo la voce segni attitudinali lattiferi con la voce mammella e
segni d’attitudine lattifera ed assegnando a questa voce un punteggio pari a
20 riducendo a 14 il torace e a 8 quella degli arti e andatura.
Scelta delle femmine
Poiché nelle capre la variabilità nei riguardi della produzione latte è
larghissima, la scelta delle capre ha grande importanza. Come si potrà
vedere in seguito una capra potrà produrre a secondo della razza e se buona
lattifera una quantità di latte che va dalle 15 alle 40 volte il proprio
peso vivo dimostrando la prodigiosa qualità del ricambio del materiale e
della trasformazione del foraggio in latte; rifuggendo nel tipo lattifero
dal depositare grasso nel corpo. Nella scelta del soggetto da latte si dovrà
innanzi tutto scegliere soggetti che abbiano tutte le caratteristiche
spiccate nella produzione latte. La capra deve avere tronco ampio lungo e
piuttosto vicino a terra (le capre corte e quelle alte sugli arti in genere
non sono buone lattifere), la linea dorso lombare rettilinea, il garrese
pieno ed il dorso muscoloso, i lombi devono presentarsi larghi e muscolosi.
Sono difetti più o meno gravi il garrese alto e tagliente, il garrese
spaccato, la regione dorso lombare insellata o convessa (spesso indice di
rachitismo) i lombi stretti e poco muscolosi. La groppa deve essere larga e
lunga di forma rettangolare; le spalle larghe muscolose e ben aderenti al
corpo; le natiche e le cosce lunghe e decisamente muscolose.
Infatti grande importanza assume l’esame della mammella che è l’organo che
fornisce le migliori indicazioni nell’attitudine lattifera della capra.
Nell’esame della mammella bisogna prendere in considerazione: il volume, la
forma, la consistenza, la pelle, la venatura e i capezzoli. Bisogna poi
tenere presente nel giudicare il volume della mammella lo stato di
lattazione o di gestazione e l’età della capra e nel giudicare la forma che
l’espressione della buon’attitudine lattifera è quella caratterizzata da due
masse globose a base larga estendendosi in avanti verso il ventre ed
indietro verso la zona perineale con profilo posteriore marcatamente
convesso e con solco mediano poco marcato con capezzoli grossi e divergenti.
All’esame del volume e della forma deve far seguito la palpazione allo scopo
di rilevare la presenza nell’organo di tessuto connettivo. Al tatto la
mammella si deve presentare elastica se è costituita da tessuto ghiandolare
più o meno duro se vi è connettivo o nel caso d’ingrossamenti dovuti ad
esiti di mastiti. Infine si prenderà in esame la finezza della pelle e la
venatura superficiale e lo sviluppo dei capezzoli tenendo presente che la
pelle deve essere elastica, che la venatura deve essere molto sviluppata
come sviluppati devono essere i capezzoli.
Difetti principali che frequentemente si riscontrano sono:
- Mammelle piccole spesso correlate a scarsa attitudine lattifera.
- Mammelle discese e staccate quando le masse anzichè aderire alla faccia
anteriore del bacino vi appaiono sospese mediante la pelle.
- Mammelle a bottiglia, caratterizzate da una base d’attacco piccola e di
forma allungata.
- Mammelle spaccate quando le due masse sono separate da un solco profondo.
- Mammelle sfuggenti posteriormente quando le due masse presentano un
profilo posteriore obliquo in avanti.
- Mammelle asimmetriche quando una metà è meno sviluppata dell’altra.
- Mammelle che hanno capezzoli difformi o per sviluppo deficiente o per
direzione irregolare.
- Mammelle fibrose quando predomina il tessuto connettivo su quello
ghiandolare.
- Mammelle lesionate (mastiti, indurimenti, ragadi, ecc.)
Non bisogna mai scegliere dei soggetti che si trovino bene in carne specie
durante la lattazione perché queste difficilmente saranno delle buone
lattifere in quanto il tipo lattifero sia in questa che in altre specie è
caratterizzato da avere forme asciutte e angolose (tipo ipertiroideo o
respiratorio) con scarso sviluppo delle masse muscolari. La scelta migliore
è quella fatta sul controllo della produzione del latte eseguita
saltuariamente nell’arco di due mesi considerando una buona lattifera quella
che raggiunge la produzione di 3-4 litri al giorno; ottime lattifere quelle
che raggiungono e superano i 5 litri giornalieri. Un’altra caratteristica
che bisogna tener presente è quella della produzione di capretti con
conseguente produzione di carne; la prolificità nella capra è molto elevata
e la capra stessa è in grado di allevare da un minimo di due ad un massimo
di quattro capretti.
Tecnica della riproduzione
Nelle capre i calori nelle femmine e l’istinto genesiaco nel maschio si
manifestano fra gli 8 e i 12 mesi, ma è consigliabile aspettare i 12-16 mesi
prima di destinare le femmine alla riproduzione e i 15-16 mesi prima di
adibire un maschio ala monta, tenendo presente che per gli animali
alimentati bene si può anticipare, mentre per quelli che abbiano sofferto un
po' la fame o per malattie è bene ritardare.
I calori si manifestano ordinariamente e con maggiore intensità durante i
mesi autunnali settembre - gennaio ed anche fino a marzo, ma il periodo
migliore per l’accoppiamento è il trimestre ottobre - dicembre.
Accidentalmente i calori si manifestano anche in agosto. Durano di solito 1
o 2 giorni raramente 3; il ciclo estrale è di 21 giorni, ma può ridursi
anche a 17 ed in alcuni casi quando la capra non è stata fecondata possono
comparire dopo soli 5-7 giorni. Generalmente la monta si fa libera in
pratica destinando un numero di capre, in genere 30 - 40, ad un maschio e si
può star sicuri che le capre di quel determinato gruppo vengono da esso
fecondate. In alcune zone le stagioni di monta sono tre: ad aprile, a giugno
e a settembre in tal modo si avrà sempre un certo numero di capretti, un
certo numero di capre in asciutta ed un certo in lattazione.
Gestazione
Nelle capre la gestazione è di 5 mesi e qualche giorno e precisamente 142 ÷
152 giorni. Durante i primi mesi di gravidanza non è necessario prestare
particolari cure alle capre gravide; mentre negli ultimi due è consigliabile
migliorare l’alimentazione. Nell’alimentazione stallina dobbiamo evitare
alimenti troppo abbondanti per evitare l’eccessivo deposito di grasso e
conseguente sviluppo anormale del feto che rende difficoltoso il parto. E’
bene riparare le gestanti dalle intemperie e specialmente dalle piogge e dal
freddo e dai grandi calori ed evitare qualsiasi altra evenienza d’aborto. Le
capre sono, in genere, molto più prolifiche delle pecore potendo ottenere da
100 capre un numero di capretti elevato ordinariamente 120 - 130 con record
di 200 capretti.
Il parto
Alla fine dei 142 - 152 giorni ha luogo il parto che è anticipato da un
gonfiore della mammella, dall’emissione di muco dalla vulva e da un belato
frequente ed insistente. Il parto nelle capre non si presenta, per solito,
difficoltoso. La presenza dell’uomo non è necessaria, generalmente non ha
bisogno di cure particolari. Alle partorienti deve essere dato un box con
lettiera abbondante ed isolato. Normalmente il parto dura un’ora, ma se si
protrae oltre il normale e l’animale si presenta abbattuto sarà necessario
somministrare all’animale un beveroncino eccitante (vino). Se in un paio
d’ore il parto non è avvenuto o non è completo, occorre intervenire per
aiutare l’animale ad espellere il feto cosa che accade spesso nelle
primipare e nelle capre nane. Dopo il parto avviene il secondamento ossia
l’espulsione della placenta. Se il secondamento tarda oltre le 24 ore onde
evitare delle infiammazioni è consigliabile chiamare il veterinario e non
intervenire esercitando delle trazioni sulle membrane che pendono dalla
vulva. Dopo il parto, la madre lecca il capretto e lo libera dal muco che lo
ricopre, quindi si pratica il taglio del cordone ombelicale e la
disinfezione del moncone troppo spesso dimenticata o trascurata. Subito dopo
il parto è bene somministrare alle capre un’alimentazione leggera e
rinfrescante composta da un beverone a base di cascami e di farina d’orzo ed
un poco di fieno.
L’aborto non è raro nelle capre e basta un urto contro un qualsiasi ostacolo
ed alcune volte una causa banale può provocarlo. Quando la capra sta per
abortire si muove battendo i piedi come se fosse colpita da mal di ventre,
l’appetito scompare quasi totalmente e presenta polso debole; anche in
questo caso occorre avvalersi dell’opera del veterinario.
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Cap. 7 - Allevamento del
capretto
Come tutti i mammiferi anche i capretti neonati ricevono il colostro. Quindi
gli animali nati si scelgono separando dal gruppo quelli per la rimonta da
quelli destinati alla mattazione. I primi sono staccati precocemente ed
alimentati al secchio in modo da essere certi della quantità d’alimento da
essi ingerita. A partire dalla 3^ ÷ 4^ settimana si potrà cominciare a
mettere a disposizione del capretto una manciata di buon fieno di medica
ricco di foglie e una miscela di concentrati affinché si abbia una messa in
funzione graduale del rumine e perché l’animale si abitui ad appetire i
foraggi e i mangimi. Il fabbisogno giornaliero di latte per il capretto è
per i primi giorni di chilogrammi 0.700 ÷ 0.900 e cresce gradualmente fino a
0.900 ÷ 1.300 chilogrammi al giorno. Man mano che il fabbisogno cresce il
latte di capra potrà essere tagliato con quello di vacca fino allo
svezzamento completo che termina ai 3 - 4 mesi.
Un piano messo a punto dagli zootecnici tedeschi: Kronaker e Kiesch è il
seguente:
- i capretti dovrebbero ricevere i seguenti quantitativi per capo e per
giorno, prima di colostro poi di latte intero:
1° giorno |
Kg 0.500 |
2°-4° giorno |
Kg 0.700 ÷ 0.800 |
5°-6° giorno |
Kg 1.000 |
7° giorno |
Kg 1.100 ÷ 1.200 |
8°-21° giorno |
Kg 1.500 |
22°-70 |
Kg 2.000 |
ed anche 84 ° giorno indi dal 22
all’84° giorno si procede al graduale svezzamento.
Dalla 4^ - 5^ settimana la somministrazione del latte intero viene
accompagnata da 50 ÷ 100 grammi di fieno e verso la 7^ settimana da 50
grammi di fieno e da 100 grammi di crusca di frumento, dalla 9^ settimana
grammi 200 di fieno e 500 grammi d’avena, dalla 20^ settimana 300 grammi di
fieno e 500 grammi d’avena. All’età di 9 mesi poi sono somministrati 250
grammi di carote; alla 40^ settimana la razione di fieno è portata a 400
grammi ed alla 44^ settimana il fieno è portato a 500 grammi.
Con tale piano d’alimentazione si ha un consumo medio nel primo anno di vita
di 72 chilogrammi di latte intero, chilogrammi 98 di fieno di medica,
chilogrammi 25 di carote, chilogrammi 148 d’avena chilogrammi 5 di crusca di
frumento.
Da un anno in poi comunemente la razione giornaliera del capretto è
costituita da chilogrammi 1.000 - 1.500 di fieno e da grammi 200 ÷ 250 di
mangime concentrato. Il fieno può essere parzialmente sostituito dall’erba o
da barbabietole da foraggio (l’equivalente dell’erba e delle barbabietole al
fieno è: 4 a 1). |
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Cap. 8 - Alimentazione
Come per gli altri animali domestici per ottenere delle buone produzioni è
necessario avere un’alimentazione razionale poiché il detto popolare “la
razza entra dalla bocca” è errato, serve, però, a ricordare che risultati
soddisfacenti nell’allevamento del bestiame si ottengono se solo con
un’alimentazione appropriata che permette di mantenere l’animale in un buono
stato di salute e di manifestare al massimo le capacità produttive.
L’alimentazione della capra può essere fatta al pascolo od in stalla secondo
il tipo di allevamento od anche nell’uno o nell’altro modo. Nell’allevamento
brado o semi-brado si fanno sfruttare alle capre i pascoli più scadenti;
quelli non utilizzati dalle pecore e dai bovini, quelli più rigogliosi sono
destinati alle femmine in lattazione o in gestazione avanzata.
Se il pascolo è buono o discreto non, bisogna integrarlo con
somministrazione di mangimi concentrati o foraggi più ricchi. Solo nel caso
di capre in prima lattazione e di buona produttività, ed ai becchi, durante
la stagione di monta, è opportuno integrare con mangimi concentrati (crusca,
farina di fave, farina d’orzo o d’avena) in quantità variabile dai 200 ai
500 grammi al giorno e per capo.
Per il sistema stallino contrariamente a quanto si crede, pur essendo un
animale accontentabile, ha delle esigenze nutritive quantitativamente e
qualitativamente elevate. Esaminiamo l’alimentazione per ogni tipo
d’animale.
Al becco durante il periodo di riposo si dovrà somministrare una razione
formata da un paio di chilogrammi di fieno e da 200
÷ 300 grammi di miscela di concentrati,
mentre durante il periodo di monta è consigliabile elevarla ad un paio di
chili di fieno di medica o di prato stabile e 700
÷ 800 grammi di concentrati. Una razione
consigliata dal Dipartimento d’Agricoltura americano per i becchi tenuti a
regime stallino e durante il periodo di riposo è di chilogrammi 1.500 di
fieno di medica o di trifoglio con 0.500 chilogrammi di insilato e altri
0.500 chilogrammi di concentrati, mentre durante il periodo di monta il
razionamento è identico fatta eccezione per i concentrati aumentati a 0.800
÷ 0.900 chilogrammi.
Per le capre in lattazione invece viene consigliata una razione di circa un
chilogrammo di fieno di medica o di trifoglio e di 600
÷ 700 grammi d’insilato o di radici e di
500 ÷ 600 grammi di miscela di
concentrati formata da farina di mais, farina d’avena, crusca di frumento r
panello di lino. La pratica consiglia anche di somministrare 500 grammi di
miscela ogni 2 chilogrammi di latte oltre al formaggio ed ad un minimo di
700 ÷ 800 grammi di miscela per capo.
Secondo le ricerche del Dipartimento dell’Agricoltura americano sarebbe
necessario in media 500 grammi di miscela per produrre 1 chilo di latte.
Sempre secondo il Dipartimento dell’Agricoltura americano su un ettaro di
buon pascolo si possono allevare per 5 ÷
6 mesi, dalle 6 alle 8 capre che per raggiungere buone produzioni devono
integrare le razioni con buon fieno di leguminose e di concentrati. In larga
media si può calcolare che la razione media giornaliera di una capra deve
corrispondere a chilogrammi 5 d’erba verde o d’altro alimento equivalente a
due chilogrammi di fieno.
Per un’alimentazione razionale però è necessario conoscere le esigenze
nutritive d’ogni singolo animale ed in conformità di esse calcolare la
razione alimentare da somministrare per ogni singolo individuo.
Riportiamo a tale scopo il fabbisogno nutritivo dei caprini secondo Hanson :
|
Unità Foreggiere metodo scandinavo U.F. |
Proteina digeribile
grammi |
a) Razione di mantenimento riferita a 100 Kg di paso vivo |
1 ÷ 1.2 |
100 ÷ 120 |
b) Razione di produzione riferita ad 1 litro di latte
giornaliera |
0.3 ÷ 0.4 |
45 ÷ 50 |
Secondo Hanson, quindi, una capra di 50 chilogrammi con una produzione
giornaliera di due litri di latte dovrebbe ingerire una razione di 1.35
unità foraggiere ed un minimo di 155 grammi di proteina digeribile al
giorno.
Secondo Machens il fabbisogno di mantenimento di una capra del peso di 50
chilogrammi richiede circa 0.7 unità foraggiere e 50 grammi di proteina
digeribile, mentre il fabbisogno di produzione è proporzionale alla
produzione giornaliera di latte.
Secondo Kronacher e Kiliesch il fabbisogno di produzione sarebbe leggermente
inferiore a quello di Hanson, 0.35 unità foraggiere e 45 grammi di proteina
digeribile per ogni chilogrammo di latte prodotto elevabili a 60
÷ 70 grammi in caso di capre con
produzioni giornaliere elevate (chilogrammi 6 ÷
7 di latte). Per quanto riguarda la sostanza secca sempre secondo Kronacher
e Kiliesch, questa dovrebbero corrispondere al 5% del peso vivo
dell’animale. In pratica i dati forniti dai vari autori sono concordi sia
per la razione di mantenimento che per la razione di produzione.
Per completare il fabbisogno nutritivo sono, infine, necessari gli
integratori minerali, la capra ha bisogno do vari minerali specie del calcio
e del fosforo, del cloruro di sodio ed ha bisogno delle vitamine
segnatamente quelle appartenenti al gruppo A e B e la vitamina D che è
sempre bene somministrare in abbondanza in quanto riscontrabile in dosi
massicce nel latte. E’ sempre bene integrare un mangime con integratori
minerali nelle dosi prescritte perché molte sono eliminate con il latte
specie i minerali di calcio e fosforo.
Secondo lo Zwagermann, le capre che producono 400 - 600 e 900 chilogrammi di
latte, eliminano annualmente le seguenti quantità d’ossido di calcio e di
anidride fosforica:
PRODUZIONI |
ANIDRIDE FOSFORICA |
OSSIDO DI CALCIO |
Kg |
g |
g |
400 |
1000 |
700 |
600 |
1500 |
1050 |
900 |
2250 |
1575 |
Riportiamo nelle seguenti tabelle i fabbisogni nutritivi complessivi per
capre, secondo Machens, in proteina digeribile e unità foraggiere relative
ai pesi vivi da 40 a 60 chilogrammi e produzione da 2 a 8 chilogrammi di
latte al giorno:
|
40 |
45 |
50 |
55 |
60 |
Kg |
Prot. |
U.F. |
Prot. |
U.F. |
Prot. |
U.F. |
Prot. |
U.F. |
Prot. |
U.F. |
2 |
130 |
1.30 |
135 |
1.40 |
145 |
1.45 |
145 |
1.50 |
150 |
1.55 |
3 |
175 |
1.60 |
180 |
1.70 |
185 |
1.80 |
190 |
1.80 |
195 |
1.90 |
4 |
225 |
2.00 |
230 |
2.10 |
235 |
2.15 |
240 |
2.20 |
245 |
2.30 |
5 |
280 |
2.40 |
285 |
2.45 |
290 |
2.50 |
295 |
2.55 |
300 |
2.65 |
6 |
340 |
2.70 |
345 |
2.80 |
350 |
2.85 |
350 |
2.90 |
360 |
3.00 |
7 |
405 |
3.10 |
410 |
3.15 |
415 |
3.20 |
420 |
3.30 |
425 |
3.35 |
8 |
475 |
3.40 |
480 |
3.50 |
485 |
3.60 |
490 |
3.65 |
495 |
3.70 |
Foraggi e mangimi
Circa gli alimenti da impiegare nell’alimentazione delle capre si può dire
che tutti i foraggi usati nell’alimentazione delle vacche si adattano allo
scopo e sono preferibili i foraggi succulenti senza dimenticare la capacità
di questo ruminante nell’utilizzare meglio i foraggi grossolani i
sottoprodotti delle varie industrie ortensi ed agrarie, la paglia e le loppe
delle leguminose e di cereali, le foglie e la frasca d’olivo i pampini ed i
resti della potatura della vite e dei fruttiferi e le foglie di molte
essenze forestali, particolarmente appetite dalle capre con l’impiego delle
quali si realizzano enormi economie.
Tutti i foraggi verdi quindi hanno la peculiare caratteristica di produrre
latte. Notevolmente superiori sono le leguminose (medica, trifoglio,
lupinella, sulla, ecc.) verso le quali però bisogna prendere le dovute
cautele per evitare il manifestarsi della timpanite. Per mantenere una capra
occorre avere a disposizione una superficie di terreno pari a 1000
÷ 1500 metri quadrati contando su una
produzione di 370 quintali di foraggio verde ad ettaro.
Elenchiamo alcune operazioni che gli alimenti devono subire per aumentare
l’appetibilità o per correggere alcune proprietà fisico - chimiche. È sempre
consigliabile la trinciatura dei fieni specie se grossolani e scadenti,
delle paglie sia di cereali che di leguminose, l’affettatura delle radici la
sfibratura degli stocchi e al sfarinatura dei tutoli di granoturco la
costituzione delle zuppe nelle quali possono entrare i più disparati mangimi
grossolani e fibrosi (loppe, vinacce, stocchi e tutoli, polpe di bietola,
foglie e sanse) e mangimi concentrati (cruschello, panelli, semi di cereali
sfarinati, semola glutinata di mais, ecc.) conditi con sale pastorizio
sciolto in acqua nella dose di 4÷ 8
grammi per capo e una soluzione di melassa al 4
÷ 6%. La zuppa dopo la sua preparazione si deve lasciar riposare per
6 ÷ 12 ore e secondo la stagione in modo
che la soluzione possa bagnare ed impregnare la massa più o meno secca e
fibrosa e che avvenga una leggera fermentazione che ne aumenti
l’appetibilità.
Per quanto riguarda i mangimi concentrati che sono somministrati non
attraverso la costituzione delle zuppe è sempre bene preparare delle miscele
formate da più mangimi concentrati allo scopo di correggere le deficienze
che qualcuno dei mangimi può presentare e aumentare il valore biologico
delle proteine per quel fenomeno chiamato azione complementare o associativo
delle proteine.
Diamo ora alcuni esempi di miscele utilizzate per le capre nei diversi
Istituti Sperimentali:
1) Miscela utilizzata presso l’Istituto Agrario di Mebitz (Germania):
Avena frantumata |
45% |
Farina
di mais |
20% |
Farina
d'orzo germinato |
10% |
Farina
d'estrazione di soja |
15% |
Crusca
di frumento |
5% |
Carbonato di calcio |
5% |
TOTALE |
100% |
Valore nutritivo 87,5 unità foraggiere; contenuto di proteina digeribile
14.55%.
2) Miscela usata presso l’allevamento del Dipartimento della agricoltura
americano:
Farina
di granturco |
36.3% |
Farina
d'avena |
36.3% |
Crusca
di frumento |
18.2% |
Panello
di lino |
9.2% |
TOTALE |
100% |
Valore nutritivo 93.27 unità foraggiere; contenuto in proteina digeribile
10.18%.
3) Diamo infine una formula di miscela economica:
Crusca
di frumento |
35% |
Farina
d'orzo |
25% |
Farina
di mais |
15% |
semola
glutinata di mais |
20% |
Carbonato di calcio |
5% |
TOTALE |
100% |
Valore nutritivo 88.00 unità foraggiere; contenuto proteico dell’11%.
Riproduciamo ora i dati riguardanti il valore nutritivo ed il contenuto
proteico digeribile degli alimenti più comunemente impiegati
nell’alimentazione delle capre:
ALIMENTO |
U. F. |
PROT. DIG. |
% |
Erba di prato naturale |
15-18 |
2.5-3.4 |
Erba di prato stabile |
14-17 |
2.0-2.5 |
Erba di prato di leguminose |
14-16 |
2.5-3.0 |
Foglie albero (olmo, gelso) |
14-16 |
2.5-3.0 |
Rametti verdi olivo |
15-17 |
2.5-3.0 |
Fieno di prato stabile |
25-45 |
3.5-6.0 |
Fieno di leguminose |
35-45 |
6.0-10.0 |
Barbabietole da foraggio |
12-13 |
1.0-1.2 |
Rape da foraggio |
12-13 |
0.9-1.0 |
Paglia di cereali |
12-20 |
0.3-0.8 |
Paglia di leguminose |
25-28 |
2.5-3.5 |
Crusca di frumento |
75-80 |
11.0-11.5 |
Fave |
100-102 |
22.0-23.0 |
Vecce |
95-100 |
22.5-23.0 |
Lupini |
105-110 |
25.5-26.5 |
Avena |
80-85 |
8.5-8.8 |
Orzo |
100 |
7.2-7.8 |
Granoturco |
103-107 |
7.0-7.5 |
Panello di lino |
110-115 |
26.0-27.0 |
Panello di sesamo |
115-120 |
34.0-36.0 |
Panello di cotone sgusciato |
115-120 |
36.0-37.0 |
Panello di arachidi |
120-125 |
40.0-41.0 |
Panello di pomodoro |
80-85 |
24.0-25.0 |
Semola di mais |
100-105 |
20.0-21.0 |
Melassa di barbabietola |
76 |
6.8 |
Melassa di canna |
76-78 |
4.2-4.6 |
Nella scelta degli alimenti per la costituzione delle razioni alimentari
bisogna tener conto della convenienza economica, dell’appetibilità ed è
buona norma associare alimenti poco graditi con quelli molto gradevoli.
Riportiamo ora alcune razioni adottate presso l’Istituto Agrario di Mebitz
in Germania per capre allevate a regime completamente stallino.
1) periodo dal parto all’inizio con l’alimentazione verde:
Kg 4-5 |
bietole |
“
0.5 |
fieno |
“
0.5 |
avena |
“
1.0 |
Miscela
|
2) periodo di alimentazione verde
ore 7 |
Kg 0.5 |
Miscela
di concentrati |
“ 10 |
“ 3-4 |
Foraggio verde |
“ 12 |
“ 0.5 |
Avena |
“ 14 |
“ 3-4 |
Foraggio verde |
“ 17 |
“ 0.5 |
Avena |
3) periodo dell’asciutta
ore 7
|
Kg 0.5
Miscela
“ 0.5
Fieno |
“ 10
|
“
3 Barbabietole |
“ 14
|
“
2 Barbabietole |
“ 17
|
Kg 0.5
Miscela
“ 0.5
Fieno |
4) Capre gravide
ore 7 |
Kg 0.5
Miscela |
“ 10 |
“
2 Barbabietole |
“ 14 |
“
0.3 Avena |
“ 17 |
“
1 Fieno |
Facciamo ora un esempio di calcolo della razione di una capra in lattazione
supponendo che tale razione deve essere somministrata ad un animale di Kg 50
con una produzione giornaliera di Kg 4 di latte e supponendo ancora di
disporre di fieno di prato stabile, barbabietole da foraggio e di una
miscela di concentrati composta da cruscami, farina di cereali e panelli o
farine d’estrazione. Secondo i dati riportati in precedenza il fabbisogno
della capra in questione sarebbe di:
Unità foraggiere 2.15 e proteina digeribile 235 grammi. Per quanto riguarda
la sostanza secca atteniamoci al 5% del peso vivo possiamo così calcolare
un fabbisogno di Kg 2.500. Gli alimenti di cui si dispone contengono per qle:
alimenti |
Proteina
Kg |
U.F. |
Sost. Secca
Kg |
Fieno |
5.5 |
44.0 |
86 |
Bietole |
1.0 |
11.2 |
12 |
Miscela |
12.0 |
105.0 |
90 |
Pertanto la razione potrà essere così composta:
alimenti |
quantita
Kg |
proteina
Kg |
U.F. |
Sost. Secca
Kg |
Fieno |
1.5 |
0.081 |
0.66 |
1.29 |
Bietole |
2.5 |
0.025 |
0.28 |
0.30 |
Miscela |
1.2 |
0.144 |
1.26 |
1.08 |
Totale |
5.2 |
0.250 |
2.20 |
2.67 |
La razione alimentare è leggermente eccedente sia in proteine digeribili
che in valore nutritivo e in sostanza secca, tal eccedenza, però, non nuoce
perché è sempre consigliabile una leggera forzatura alimentare allo scopo di
consentire alle capre di estrinsecare completamente le loro effettive
capacità produttive come del resto si opera nell’alimentazione del bestiame
da latte.
E’ consigliabile, infine, quando le capre sono alimentate in ovile di
somministrare l’alimento giornaliero in quattro dosi durante l’estate:
all’alba, alle 11, alle 16 e alle 20; mentre durante l’inverno è
sufficiente una distribuzione in tre pasti. |
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Cap. 9 - Igiene
Le principali cure igieniche da praticare alle capre sono la cura della
pelle e degli unghielli.
La cura della pelle consiste nella pulizia giornaliera dell’animale allo
scopo di liberare l’epidermide dalla polvere e dalle desquamazioni cutanee,
dal sebo che vi si accumula e non va trascurata perché permette una migliore
traspirazione ed una migliore circolazione cutanea, impedisce lo sviluppo di
parassiti e preserva il latte dal caratteristico odore ircino. Nel caso che
si alleva capre a pelo lungo, è bene praticare una leggera tosatura.
La cura degli unghielli è riservata alle capre tenute a regime stallino,
perché nelle capre portate al pascolo il consumo avviene naturalmente,
consiste nel pareggiamento della suola e nel raccorciamento delle punte che
deve essere praticato ogni mese circa con appositi strumenti o con dei
coltelli ben affilati.
Fra le cure igieniche, infine, bisogna ricordare le frequenti ed accurate
pulizie dei boxe e delle poste, delle stalle e delle tettoie ed, in una
parola, dei locali dove vengono tenute le capre onde evitare l’insorgere di
infezioni ed evitare il cattivo odore nel latte. La pavimentazione delle
stalle è fatta con un terreno perfettamente impermeabile con una leggera
pendenza verso un pozzetto di scarico in modo da poter evacuare facilmente
le deiezioni liquide e le acque di lavaggio. Sopra di esso viene tenuto un
grigliato di legno in modo da far passare al di sotto tutte le deiezioni
solide. Per la pulizia, quindi, si sposterà il finto pavimento e si spazzerà
molto bene il pavimento sottostante e quindi si laverà bene. |
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Cap. 10 - Malattie
Sebbene le capre siano considerate abbastanza resistenti alle malattie,
anch’esse sono colpite non raramente da forme patologiche specie
parassitarie dove la pulizia non è molto accurata o da malattie causate
dall’alimentazione non equilibrata o da allevamento irrazionale.
Daremo una scorsa alle forme patologiche più comuni che possono colpire le
capre e le divideremo per comodità in malattie comuni, infettive e
parassitarie.
Malattie comuni
Sono alterazioni che si manifestano nelle capre non sostenute da germi
pa¬togeni o da parassiti, ma solo da alterazioni fisiologiche.
La COSTIPAZIONE che è il più delle volte dovuta a disturbi digestivi
pro¬vocati da alimenti poco digeribili, specie se costituiti da alimenti
secchi grossolani o da mancanza di moto. Il caso è frequente nelle capre
allevate a regime stallino. Il cambiamento d’alimentazione e un po’ di moto
giovano alla saluta dell’animale, magari accompagnato dalla somministrazione
della pozione di Epson (solfato di magnesio) in dose di 25
÷ 50 grammi per i capretti e di 50
÷ 100 grammi per gli adulti.
Il METEORISMO o TIMPANITE dovuto, com’è noto, all’ingestione di
leguminose fresche ricche di nitrati non assimilati dalla pianta. Tale
ingestione provoca una colica gassosa del rumine, sebbene non sia frequente
nelle capre allevate in stalla qualche volta può manifestarsi. Nei casi di
meteorismo l’addome si gonfia i fianchi si sollevano e gli animali si
guardano il ventre, battono il terreno con i piedi anteriori, si coricano e
si alzano di continuo in preda ad una forte agitazione, finché nei casi
estremi, muoiono per asfissia se non sono prontamente aiutati. L’intervento
può essere compiuto con mezzi meccanico - fisici (pressione, massaggio
energico sul fianco sinistro, movimento dell’animale, movimento di
estroflessione della lingua per favorire l’eruttazione) con mezzi
medicamentosi (somministrazione di acqua di calce o di acqua molto salata e
altri preparati a base di bismuto, solfato di bario, ecc.) ed in casi molto
gravi occorre l’intervento chirurgico mediante il trequarti o sonda
esofagea.
DIARREE NON INFETTIVE frequenti nei capretti che si curano
efficacemente con carminativi simili a quelli precedentemente citati
(carbone vegetale, preparati di bismuto, caolino, ecc.).
DOLORI AI CAPEZZOLI dovuti a cause accidentali come lesioni
provo¬cate dai denti del capretto durante l’allattamento oppure a verruche
cresciute sulla mammella o ancora a degli urti. In tal caso bisogna lavare e
asciugare bene i capezzoli e fare applicazione d’unguenti.
Malattie infettive
Sono lesioni fisiologicamente tenute da germi patogeni.
FEBBRE MALTESE brucellosi frequente, anzi propria, delle capre tale
malattia viene trasmessa all’uomo o direttamente attraverso l’animale o
indirettamente con i prodotti.
I sintomi variano sensibilmente, ma, in generale, sono zoppicature,
ritardata secrezione del latte, infiammazione della mammella e frequenti
aborti nei greggi appena colpiti sia nelle capre adulte che nelle giovani,
mentre i greggi in cui l’infezione è insorta da qualche tempo gli aborti
sono frequenti nelle caprette di primo parto. La presenza della malattia può
essere facilmente rilevata con l’esame del sangue attraverso prove
d’agglutinazione. Il latte di capre affette da febbre maltese è dannoso a
meno che non venga pastorizzato o bollito. Anche i latticini prodotti con il
latte di capre ammalate possono trasmettere la malattia. La febbre maltese
può essere facilmente combattuta mediante vaccino specifico particolarmente
efficace.
ABORTO EPIZOOTICO altra brucellosi che sì manifesta sia pure
raramente nelle capre può essere anche diagnosticata attraverso prove di
agglutinazione per cui quando qualche allevamento è soggetto ad aborti non
dovuti a cause accidentali è bene compiere controlli attraverso l’esame del
sangue.
L’aborto in genere si manifesta verso il quarto mese di gravidanza, senza
al¬cun sintomo apprezzabile, continuando la capra a mangiare e a seguire il
gregge. Una volta insorta l’infezione per evitare che essa si propaghi
bisogna tenere le capre infette isolate e distruggere il feto e la placenta
immediatamente, come pure la lettiera e il liquido emesso dagli organi
genitali. Il box o qualsiasi luogo ove la capra ha abortito dovrà essere
pulito accuratamente e disinfettato prima di usarlo nuovamente. Se dopo le
ventiquattr’ore non è avvenuto il secondamento è consigliabile aiutare la
capra con una iniezione di dietilstilbestrolo.
AFTA EPIZOOTICA che contrariamente ad una opi¬nione un tempo diffusa
colpisce frequentemente le capre con localizzazione boccale nettamente
prevalente su quella podale.
I sintomi caratteristici sono: stati febbrili, stato di abbattimento ,
cessazione dell’appetito, emissione di gemiti, la comparsa di vescicole che
si rompono precocemente lasciando erosioni sulla mucosa delle guance, della
lingua, delle gengive ed arresto della lattazione. Se manca la formazione
delle vescicole si osserva una stomatite catarrale ed in tal caso si ha un
notevole aumento del volume delle labbra, delle guance ed anche di tutto il
capo. Le lesioni mammarie hanno una frequenza bassa mentre quelle podali
sono più che rare, gli animali piegano i carpi e trascinano i piedi
posteriori. L’aborto è frequente e nel decorso benigno della malattia gli
animali guariscono nel giro di 10 ÷ 14
giorni. Nel decorso maligno la morte sopraggiunge per esaurimento e talvolta
improvvisamente per paralisi cardiaca senza che essa sia preceduta da
manifestazioni evidenti. Per quanto riguarda la lotta si ricorda una
profilassi specifica attraverso la vaccinazione antiaftosa, una generale nel
dichiarare infetti i greggi colpiti o sospetti ed una terapia per lo più
poco efficace con medicamenti alle sedi aftose.
VAIOLO CAPRINO diffuso nel bacino del mediterraneo e segnalato anche
in Germania, sud Africa e California; insorge per contatto attraverso, e ne
esistono, delle lesioni boccali anche attraverso la saliva e si diffonde
rapidamente nel gregge colpito. Pur presentando analogie strette con il
vaiolo vaccino ed ovino, rappresenta un’infezione specifica che non si
trasmette da una specie all’altra. Si manifesta con stati febbrili e
catarrali e con grossi noduli ed a volte anche nella superficie interna
delle cosce e sulla parte inferiore della coda e nei dintorni delle labbra e
degli occhi. Dai noduli si formano delle vescicole che si essiccano
lasciando delle cicatrici raggiate. In alcuni casi specie per i capretti le
lesioni specifiche si stabiliscono anche sulle mucose boccali e su quelle
delle prime vie aeree. Il decorso della malattia di solito è benigno ed
assai rari sono i casi in cui l’infezione si manifesta con fenomeni gravi e
si sviluppa un’infezione setticemica ad esito mortale.
Non si può confondere con l’afta non presentando alcuna lesione a carattere
podale. E’ più grave nelle femmine che nei maschi. La lotta consiste nella
vaccinazione delle greggi che popolano le zone infette allo scopo di evitare
l’insorgere di pericolose infezioni a carattere epidemico e nella
osservazione delle più elementari regole igieniche, tenendo gli animali in
ambienti puliti, freschi ed a temperature moderate e costanti ed in buone
condizioni alimentari. E’ consigliabile destinare alla macellazione le capre
gravemente ammalate per eliminare una sorgente d’infezione.
PEDIANA forma podale della dermatite necrotizzante la quale nella
forma labiale (eczema pustolo-contagiosa, paterecchio labiale) provoca delle
eruzioni pustolose delle labbra e delle narici, colpisce l’estremità di un
piede o di tutti i piedi contemporaneamente. Nello spazio interunghiale, sul
cercine coronario ed alla regione del pastorale compaiono delle vescichette
piatte a contenuto sieroso o purulento e nei casi gravi anche un processo
purulento necrotico che si estende al tessuto podofilloso degli unghielli il
quale si distacca dalla scatola cornea. Il processo necrotico può estendersi
alle ossa falangee ed in casi rari è possibile la necrosi dei tendini e
delle articolazioni. Per lo più la prognosi è favorevole se viene praticata
un’adeguata terapia, sebbene di tanto in tanto si abbiano dei casi letali
dovuti a setticemie batteriche.
Nei casi iniziali la cura di questa forma patologica consiste nel
trattamento dei punti lesi con acido nitrico (HNO3) concentrato,
soluzione di pioctrina al 3% o di acido picrico all’1%. Nei casi gravi si
devono asportare le parti cornee distaccate e poi praticare lavaggi con
soluzioni disinfettanti come ad esempio la soluzione di pioctrina al 3% o
delle pennellature con acido picrico all’1% da ripetersi ogni 2 o 3 giorni
d’intervallo. Anche gli antibiotici o sulfamidici sono stati usati nella
cura di questa malattia. Come profilassi è bene tenere sotto controllo gli
animali acquistati in zone in cui è stata presen¬te la malattia od è in atto
l’infezione e disinfettare e pulire bene le estremità con una soluzione di
cloruro di calcio all’1 -2%. Nel caso di grandi greggi che vanno al pascolo
al rientro nell’ovile è bene farli passare in uno strato di torba tenuto
sempre bagnato con una soluzione di acqua e creolina e catrame nella
proporzione di 10:0.5:2.
MASTITE nota infiammazione dell’organo della lattazione, è sostenuta
da germi patogeni (streptococchi, stafilococchi, colicocchi) e si manifesta
con un indurimento della mammella che si presenta più o meno visibilmente
gonfia con la formazione di grumi nel latte e nei casi più gravi provoca
addirittura l’atrofia della parte colpita e perdita d’ogni funzionalità e
può trasmettersi alle parti sane. Le cause occasionali che favoriscono lo
sviluppo della malattia, sono ingorghi di latte, colpi di freddo, urti e
mungitura irrazionale. L’animale ammalato deve essere isolato e sottoposto
alle cure necessarie che consistono in una mungitura delicata ogni 1 - 2 ore
con il completo svuotamento della mammella e nell’applicazione di panni
caldi e asciutti o bagnati per una ventina di minuti 4 - 5 volte al giorno
nel trattamento con antibiotici e sulfamidici sia attraverso il canale del
capezzolo che con iniezioni intramammarie, nel caso di mastiti croniche e
parenterali e nel caso di mastiti acute.
MASTITE CANCRENOSA è caratterizzata da una rapida cancrena della
mammella accompagnata da un’intossicazione il più delle volte mortale.
L’agente patogeno è un microrganismo che vive nella lettiera ed il contagio
si ha con la mungitura o attraverso eventuali ferite presenti nelle
mammella. Di solito la manifestazione patologica insorge in un solo quarto
che diventa duro e caldo, dolorante e violaceo cessando la secrezione di
latte. Nel giro di una settimana sopraggiunge la morte dell’animale colpito.
AGALASSIA CONTAGIOSA compare generalmente nella stagione calda e si
manifesta con infiammazioni della mammella, agli occhi, alle articolazioni.
Gli animali che sopravvivono si riducono in uno stato miserabondo e perdono
ogni valore economico in quanto non producono più latte e non possono essere
macellati.
CARBONCHIO EMATICO malattia infettiva contagiosa anche per l’uomo si
manifesta con temperature elevate, mucose cianotiche, respiro frequente,
urine sanguigne e feci striate di sangue. E’ dovuta ad un bacillo che può
trovarsi nel terreno e nelle acque. La morte sopraggiunge nel giro di 6 - 10
ore, ma può avvenire dopo pochi minuti dalla comparsa dei sintomi. Il
carbonchio non è curabile e la lotta consiste nella profilassi basata sulla
vaccinazione o sierovaccinazione anticarbonchiosa, nell’evitare la
contaminazione e nel disinfettare i locali, nel distruggere gli animali
morti e separare i soggetti sani da quelli malati.
TETANO malattia dovuta all’intossicazione dei centri nervosi da parte
dei secreti di un microrganismo patogeno si manifesta con rigidità di alcune
parti del corpo, specialmente posteriori e poi si estende ai muscoli del
torace, del collo, della faccia e delle mascelle accompagnata da una
ipertermia. La morte sopraggiunge generalmente nel giro di 2 o 3 giorni.
STOMATITE ULCEROSA è un’affezione della mucosa orale con formazione
di processi ulcerativi e di vegetazioni che colpiscono preferibilmente i
capretti dopo lo slattamento, ma che può colpire anche gli animali d’uno o
due anni. La terapia consiste, dopo la separazione degli animali sani da
quelli ammalati in quotidiani lavaggi detersivi della cavità orale con
soluzioni boriche ed in applicazioni di tintura di iodio sulle ulcere.
Malattie parassitarie
Le capre come le pecore soggiacciono con una certa frequenza ad attacchi di
parassiti che danno forme più o meno patologiche.
TRICOSTRONGILOSI GASTRO-INTESTINALE dovuta a parassiti della famiglia
dei tricostrongilidi di cui gli agenti maggiormente patogeni sono le
sottofamiglie Haemanchus, Nematoridus, Tricostrongilus, Ostertagia e
Capperia che si riscontrano spesso associate. I sintomi della malattia
compaiono di solito in primavera oppure in estate ed anche nell’autunno
inoltrato e nell’inverno e si manifestano da due a otto settimane dopo
l’ingestione delle larve con disturbi della nutrizione, abbattimenti,
disappetenza, diminuzione progressiva delle forze, emissione delle feci
secche in caso di haemacosi e diarroiche nei casi di tricostrongilosi.
L’anemia si manifesta gradatamente e raggiunge un grado elevato specie se si
tratta di un’infezione di haemanchus con la comparsa di un edema lungo il
canale delle ganasce. La mortalità varia dal 20 al 100%. Gli animali deboli
o giovani muoiono nello spazio di pochi giorni gli altri dopo poche
settimane. Nella lotta contro questa malattia risultati soddisfacenti dà,
nel caso si tratti di un’infezione da haemanchus, tricostrongilus ed
osteargia, la fenotiazina che è inefficace contro i congeneri copparia e
nematodirus per i quali è consigliabile il tetracloroetilene subito dopo
l’ingestione di qualche centimetro cubo di solfato di rame al 10%. Un
inconveniente della fenotiazina è che rende il latte non commerciabile per
qualche giorno in quanto viene colorato di rosa. Altri buoni elmintici sono
il solfato di rame e il solfato di nicotina anche associati aggiungendo ad
una soluzione di solfato di rame al 2% una uguale soluzione di solfato di
nicotina diluita venti volte in dosi di 60 cc per gli adulti e della metà
per i giovani ed il già citato tetracloroetilene in dosi di 5 - 10 cc per
gli adulti e della metà per i giovani al di sopra dei 6 mesi, mescolando ad
eguale quantità di olio di paraffina e somministrato 3 volte al giorno a
distanza di 10 - 15 giorni.
STRONGILOSI POLMONARE dovuta anch’essa a parassiti della famiglia
degli strongilidi che si localizzano nella trachea, nei bronchi e nei
polmoni dando luogo a polmoniti acute ed a rialzi termici improvvisi.
Colpisce preferibilmente i giovani nella stagione calda i quali ingeriscono
dai pascoli umidi e paludosi uova di tricostrongilidi dalle quali si
sviluppano larve che emesse attraverso le feci vengono ingerite da altri
animali continuando il ciclo biologico nelle vie digerenti e respiratorie.
Gli interventi terapeutici sono poco efficaci per cui bisogna curare
soprattutto la lotta profilattica e specialmente il risanamento dei pascoli
e misure adatte ad evitare l’infezione da parte degli animali.
CENUROSI malattia che si manifesta anche nelle pecore e nei bovini e
caratterizzata da convulsioni e vertigini e dal giramento su se stessi degli
animali colpiti a causa della presenza delle cisti nel cervello. Essa si
contrae attraverso l’ingestione con i foraggi o con l’acqua di bevanda
contenenti uovo di tenia cenuro emessa con le feci dai cani che
frequentemente ospitano nel loro intestino tale parassita.
ECHINOCOCCOSI malattia che colpisce il fegato, i polmoni ed altri
organi dovuta all’ingestione di uova di tenia echincocco che vive e si
sviluppa nell’intestino del cane infestato per aver ingerito delle cisti di
echinococco. La lotta si basa nella profilassi che deve iniziare a rompere
il ciclo di sviluppo del parassita del cane.
DISTOMATOSI EPATICA è una grave malattia delle vie biliari e del
fegato prodotta da vermi del genere Fasciola, che decorre sotto forma acuta
o sotto forma cronica accompagnata in questo caso da disturbi della
nutrizione. E’ frequente nelle zone umide e paludose eccetto nei pascoli in
riva al mare e dovunque le uova incontrano la chiocciola di acqua dolce che
è il vettore della Fasciola. La malattia si manifesta con abbattimento,
debolezza, disappetenza e tal volta sensibilità alla pressione del fegato.
Nella forma cronica si ha il pallore delle mucose, della cute ed edemi
freddi al canale delle ganasce e delle palpebre. Non è rara la nascita di
capretti molto deboli e neanche rari sono gli aborti. Anche senza che si
verifichi una nuova infezione si possono avere ricadute. Le guarigioni
spontanee non sono rare verso la fine dell’inverno e sul principio della
primavera, ma si ha per molto tempo l’eliminazione dei distomi che rimangono
per alcuni anni viventi nelle vie biliari. La terapia è basata su
trattamenti di preparati a base di felci e di muschio, oppure con il
tetracloruro di carbonio od ancora con esacloroetano. I mezzi più efficaci
sono evitare i pa¬scoli umidi e paludosi.
COCCIDIOSI è provocata nelle capre dall’Eimeria arloingi e la
contaminazione avviene nei pascoli umidi e con stagioni piovose che creano
stagni nel pascolo; con l’acqua di bevanda o ancora con stalle con lettiera
e foraggi sporchi di feci. Di solito le lesioni sono a carico dell’intestino
tenue o meno frequente del crasso. In alcuni casi sono stati trovati nelle
mucose delle vie biliari e della cistifellea, anche nel fegato focolai di
coccidi necrotici. I sintomi sono anemia, dimagramento ed anche idropisie e
diarrea oltre a grande debolezza ed ad eccessi convulsivi. La mortalità
oscilla tra il 25-30% e può elevarsi al 90% anche dopo la guarigione i
soggetti rimangono disseminatori di coccidi. La morte avviene per
esaurimento dopo poche o molte settimane, mentre i capretti soccombono
presentando un intenso ed improvviso meteorismo ed emettendo un
caratteristico belato. La terapia si fonda su trattamenti a base di o
ittiolo ed ancora di sulfamidochinossilone senza però trascurare le misure
profilattiche intese ad impedire le reinfezioni, che consistono nella
pulizia degli abbeveratoi e nel risanamento del terreno circostante con
latte di calce e con arature profonde, nella pulizia e d’infezione delle
stalle con soda bollente e nella rotazione frequentissima del terreno
pascolato.
ROGNA la sarcoptica che è la più frequente comincia sulla faccia e si
estende poi al tronco ed alle estremità e si manifesta con delle squame
grigie secche simili a crusca alle quali poi si sostituiscono croste grigio
bluastre dure e lucenti. La pelle si ispessisce e si depila formando aree di
calvizie. La psorostica che si manifesta con un leggero prurito che poi
aumenta e con la raccolta nel condotto uditivo esterno di materiale simile a
feccia di birra che chiude il canale uditivo e da luogo a sordità.
L’appetito diminuisce e gli animali muoiono dopo parecchi mesi di malattia.
La coroptica ha inizio al collo, lungo la linea dorsale, eventualmente alla
radice della coda e agli angoli della bocca da dove si diffonde alle labbra.
Poi si estende alla bocca, alle orecchie, agli arti in certi casi alla
mammella e allo scroto fino alla regione anale ed alla faccia inferiore
della coda e fra gli unghielli. Insieme ad un violento prurito e alla caduta
dei peli si forma intorno alle labbra un orlo ricoperto di squame. La pelle
ispessisce diventa rugosa e mostra delle vegetazioni papilliformi. In casi
gravi può sopraggiungere la morte per la comparsa di infezioni secondarie o
per denutrizione causata dall’impedita prensione degli alimenti. Le capre
mal sopportano i bagni acaricidi per cui la terapia è basata sulle unzioni
ripetute con unguenti o con oli parassiticidi (olio empiereumatico, olio di
cade, soluzione di solfuro di potassio, di estratto di tabacco, ecc.) La
cura è tanto più necessaria in quanto la rogna si trasmette ad animali di
altre specie ovina e bovina.
COCCIDIOSI malattia dovuta ai pidocchi, insetti appartenenti
all’ordine Anoplura, si manifesta con forte prurito, con la caduta di peli
che lasciano delle aree denudate principalmente sulla groppa, alla radice
della coda, alla regione ischiatica, sulla faccia interna delle cosce, ai
lati del garrese e qualche volta in altre parti del corpo. In generale le
infestazioni di pidocchi colpiscono gli animali male alimentati, mal tenuti
e esauriti, può riscontrarsi casi di pidocchiosi anche su animali tenuti in
buone condizioni di allevamento e di alimentazione, e questo accade
specialmente d’inverno.
I pidocchi possono essere facilmente eliminati con bagni insetticidi con
polverizzazioni, ed attraverso il trattamento con insetticidi allo stato
polverulento. I metodi più usati sono lavaggi con soluzioni insetticide o
saponi insetticidi in climi caldi e il trattamento polverulento nei climi
freddi. I bagni e le polverizzazioni sono particolarmente indicati per il
trattamento di un gran numero di capre. Quello che si deve tener presente è
che una volta comparsa una manifestazione tutti gli animali dell’allevamento
vanno sottoposti al trattamento senza discriminazione alcuna che favorirebbe
la ricomparsa della malattia. Molti sono gli insetticidi che si trovano
attualmente in commercio sia allo stato che polverulento e ne citiamo
qualcuno a titolo d’esempio: toxafene, clordano, solfato di nicotina ecc. Il
trattamento va fatto curando che l’insetticida venga distribuito su tutte le
superfici del corpo e che penetri attraverso i peli fino alla pelle magari
con l’ausilio di una spazzola o di un panno, meglio sarebbe tosare i
soggetti prima del trattamento.
Dr agr Ludovico Costantini
Docente presso l'Istituto Tecnico Agrario
di Ascoli Piceno |
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F. Battiato ed.CT |
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