Neve L'usignolo
clonazione Colombacci
Palmino Tempo
Commento della Guerra in Iraq Destino

          Nilo 

Ho trascorso e vissuto la gioventù e parte della vita, in un paesino, Palmiano, nell'alta collina picena che pur facendo comune è uno dei più piccoli d'Italia.

Nel capoluogo c'erano circa duecentocinquanta abitanti, ora molti di meno, forse una cinquantina ed anche il "mio" ufficio postale non c'è più.

Il paese era circondato da prati, boschi, ruscelli sorgivi, seminativi, punteggiati da case coloniche che davano ed erano la ricchezza del paese; nei campi c'erano quaglie, starne, lepri, allodole, nei boschi e nel fossi tordi, merli e beccacce.

Ora tutto questo quasi non c'è più, sostituito da incolti in parte divenuti impenetrabili boschi con tanti rami ed alberi secchi ed anche il sottobosco tanto intricato e folto da non permettere più la nascita dei ciclamini; case coloniche diroccate ed in progressiva decadenza, terreni abbandonati a se stessi, popolati da cinghiali e qualche capriolo.

Il tempo trascorreva, quasi, sempre uguale, aspettando la domenica, dopo la messa, per incontrarci stare insieme e scambiare quattro chiacchiere; il solo diversivo era nell'unica osteria, con la partita a tressette o briscola per un bicchiere di vino cotto e la gazzosa. Non essendoci altro ed avendo poche esigenze, seguendo le tradizioni familiari, avendo tempo a disposizione, dato che l'ufficio, potendo contare nell'aiuto di mio padre, non m'impegnava eccessivamente sono divenuto cacciatore.

La caccia è stata (ed è) una bella parentesi della mia vita, ed essa dopo la famiglia ed il lavoro ha dedicato parte del mio tempo, cogliendo quello che mano ‑ mano la natura mi dava.

Ora da tempo abito un po' lontano; ogni tanto, però, ci tomo per andare al cimitero dove sono sepolti i nostri cari.

Ci sono tornato anche a caccia, ma di quello che erano le località: la piana della Catasta, la Fonte con la macchia della Collina, l'Ara Vecchia, Sant'Antonio, Morricchio, Capo di Monte da dove nelle belle giornate limpide offre da una parte la vista del mare e dall'altra quella dei monti, dalla Maiella, al Gran Sasso, al Vettore con tutto l'arco dei Sibillini; la Castagna, il fosso della Conga, Riolo, le Ripe dell'acqua salata, dove durante la guerra si andava a prendere l'acqua per cucinare: luoghi indimenticabili che abitualmente perlustravo con i miei cani: Mimina, che ci diede Ful poi Torino, Fiume, Teo che ci fu rubato da cucciolo, Red, Pippo e soprattutto Nilo.

Di tutto e di tutti è rimasto solo il ricordo! Un bel ricordo!

Mio padre diceva, un cacciatore per essere tale deve avere 3 "B": Brutto, Bugiardo e Bevitore; anche un cane da caccia deve avere le 3 "B": Bello, Bravo e Buono; Nilo le aveva tutte e tre e forse qualcosa in più! Era un Breton!

Quando andai a prenderlo, da un amico, era un batuffoletto tutto pelo, e non stando buono sul sedile della macchina, lo misi in una tasca della cacciatora, dove trovandosi a suo agio ci fece i suoi bisognetti.

A casa fu accolto subito benevolmente; anche il vecchio cane (Pippo) lo accettò facendogli da maestro e soprattutto lo accettò mia moglie, che morsicata da bambina, aveva timore di tali animali. Veniva a caccia solo con me, per lui tutto quello che stuzzicava il suo naso era buono dai merli alla lepre; giocava con i bambini specie a palla, loro la nascondevano e lui la trovava e riportava. Una volta tutto scodinzolante mi fa capire di andare verso la sua cuccia ci trovai una gallina "viva" non detti importanza alla cosa fino a quando il fatto non si ripeté, appurato da dove le prendeva, sempre e solo dallo stesso posto dandomi la possibilità di restituirle al proprietario diventando la favola del paese: dissi a mia moglie di andare con i bambini da quelle parti portando Nilo con loro, li precedetti e li attesi. Viene Nilo nel prato fa una specie di ferma e quasi al volo prende una gallina, mi vede e tutto baldanzoso me la porta solo che invece di una carezza si prende due frustate, due sole, senza dire una parola; a casa lo trovai nella cuccia non si mosse.

Da quel giorno veniva a caccia, faceva come sapeva fare, quando colpivo una preda mi indicava il punto di caduta, attendendomi ma non la riportava nemmeno con le lusinghe. Lasciai tempo al tempo in attesa del ritorno della normalità. Una mattina cacciavamo lungo un fossato con molti roveti ferma, vola una beccaccia, tiro e la beccaccia cade in uno di quei roveti, Nilo va, la trova la riporta, ma dall'altra parte del fossato. Per andare a prenderla, dovevo attraversare il fosso tra gli spini o fare un lungo giro; decisi l'attraversamento e per essere più libero appesi il fucile al ramo di una querciola. Arrivato dall'altra parte non trovo ne Nilo ne la beccaccia. Tornai, allora, indietro per la stessa strada: Nilo mi stava aspettando con la beccaccia vicino al fucile. È morto investito da una motocicletta! Non ho pianto, ma ho sentito la sua mancanza sopportando in silenzio quella sofferenza che si prova come quando si perde un vero amico!

 

Raffaele Costantini